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Storia
Poiché ritengo che la conoscenza profonda del passato sia in ogni campo di grande aiuto per interpretare il Presente e per cercare di intuire nel modo più coerente il Futuro, credo sia importante spendere qualche pagina descrivendo le principali linee evolutive di questa straordinaria macchina: il trattore agricolo. E bene ricordare che l’uomo occidentale fino a non molti decenni fa ha vissuto un rapporto di profonda soggezione con la Terra e con la atavica fatica che essa pretendeva per fornirgli i prodotti di cui nutrirsi. Infatti la visione idilliaca della Natura non era che un esercizio poetico riservato a pochi privilegiati. Al contrario, per i più la Natura era una matrigna avara e spesso incontrollabile nelle sue più violente manifestazioni: inondazioni, carestie, epidemie e magri raccolti.Troviamo conferma di questa visione, se vogliamo drammatica, della Natura e della attività agricola nelle principali fonti letterarie del Mondo Occidentale: «Maledetta la terra del tuo lavoro, tra stenti e fatiche ne ricaverai il tuo mantenimento per tutti i giorni della tua vita. Col sudore della fronte ti procurerai il pane...» (Genesi 3-17; 3-19), concezione espressa dal mondo giudaico e che troviamo confermata da Esiodo poeta greco dell’VIII secolo a.C. che nelle sue “Opere e Giorni” afferma: «lavora stoltissimo Perse; attendi alle opere dei campi che ai mortali prescrissero gli Dei se non vuoi, con l’angoscia nel cuore, assieme alla sposa e ai figli, implorare un pane ai tuoi vicini che al tuo pianto non danno risposta». E solo con gli ultimi decenni del secolo scorso che la felice coincidenza di fenomeni Economici e Sociali con scoperte scientifiche fondamentali hanno consentito di meglio controllare le manifestazioni della Natura, ma soprattutto di potenziare la produttività agricola tanto della unità di superfìcie coltivata che del singolo addetto agricolo, raggiungendo due fondamentali risultati: "Maggiore sicurezza nella quantità e qualità del cibo a disposizione delle popolazioni e Liberazione di ingenti risorse lavorative che dal settore agricolo hanno potuto essere impiegate in quello industriale dando così l’impulso fondamentale all’Economia Occidentale del XX secolo". Se prima di questa rivoluzione industriale, ma che più correttamente andrebbe definita Agricolo Industriale, quasi i due terzi della popolazione viveva e produceva in agricoltura, oggi nei Paesi più sviluppati meno del 10% della popolazione è impegnata in agricoltura e produce cibo per l’altro 90%. In estrema sintesi potremmo affermare che gran parte del nostro sistema di vita economico e sociale è il risultato dell’eccezionale sviluppo di tre Discipline sapientemente amalgamate nelle moderne tecniche agronomiche: Chimica applicata (fertilizzanti e antiparassitari) Genetica applicata (miglioramento di sementi, cultivar e bestiame) Ingegneria (Meccanica agraria, irrigazione e bonifica). Per quanto riguarda la Meccanizzazione agri cola va sottolineato che nel corso del XIX secolo furono messe a punto attrezzature particolarmente interessanti ma certamente non risolutive dei problemi di fondo del settore. E anche sintomatico che tutte queste macchine agricole provengano, per concezione, dal Nord America: la legatrice, poi mietilegatrice di Cyrus Mc Cormick del 1831, gli aratri metallici di John Deere del 1842 seguiti dalle sue seminatrici a righe del 1852, le trebbie a punto fisso di Jerome Increase Case sempre del 1842. Tuttavia per tutto il XIX secolo la forza motrice rimase fondamentalmente quella muscolare dell’uomo e degli animali. Infatti l’applicazione del motore a vapore si rivelò utile solo per gli impieghi a punto fisso o al massimo per macchinosi sistemi di aratura funicolare, poiché i pochi tentativi di costruire macchine a vapore che non fossero solo in grado di spostare se stesse ma anche di esercitare un utile sforzo di trazione fallirono, soprattutto a causa dell’eccessivo rapporto peso/potenza.Ciò nondimeno i locomobili a vapore hanno segnato una importante tappa evolutiva e di ciò va dato merito ai costruttori soprattutto americani ed inglesi. Poiché nella realtà industriale ogni prodotto finito costituisce sempre la tappa di un processo evolutivo che viene da lontano e che costituisce a sua volta il punto di partenza per nuovi graduali perfezionamenti, anche il trattore agricolo va considerato come i! prodotto di una linea evolutiva che era partita dal Locomobile a vapore. Dalle forni storiche pare che il primo locomobile a vapore per uso agricolo sia stato esposto al British Agricultural Royal Show nel 1841 dalla ditta RANSOME di Ipswich che poi l’anno successivo presentò anche una versione semovente. Inizialmente questi locomobili venivano trainati e posizionati in loco da cavalli. Verso il 1850 tuttavia i modelli semoventi cominciarono a diffondersi, anche se a causa del peso elevatissimo e delle limitate prestazioni non erano assolutamente in grado di trainare aratri e ripuntatori su terreno agrario. Locomobili e trebbie a punto fisso abbinate alle mietilegatrici ebbero uno straordinario successo in Nord America, dove la scarsità di manodopera e l’immensità del territorio agricolo da dominare e da coltivare a cereali imposero un massiccio ricorso a queste prime macchine. Al contrario in Europa, mietilegatrici, trebbie e locomobili apparvero in un’epoca di violente lotte e lacerazioni contadine coincidenti con l’inizio di un processo di espulsione di manodopera dalle campagne.Manodopera che non sempre e non subito seppe e poté inserirsi nelle nascenti attività industriali urbane. Dopo il 1870 il prezzo dei cereali subì un notevole ribasso per effètto delle ingenti quantità importate dal continente americano, ove i costi di produzione erano notevolmente più bassi. Seguì un trentennio di profonda crisi economica per le campagne europee, crisi che si affievolì solo agli inizi del nostro secolo. Questo frangente economico vedeva dunque l’agricoltura americana florida, efficiente e competitiva, decisamente proiettata al futuro. Al contrario quella europea si dibatteva in una profonda crisi che metteva in discussione secolari e consolidati equilibri sociali e produttivi, crisi scatenata proprio da quegli stessi concetti di progresso ed innovazione che trionfavano in America. In questo scorcio di fine secolo quindi le macchine agricole loro malgrado assunsero una veste diabolica agli occhi delle masse contadine affamate. Ciò fu particolarmente vero in Italia dove Stato e Chiesa, ideologicamente e politicamente separati dai gravi fatti del 1870, concordarono però sulla miope attribuzione di buona parte dei mali che affliggevano le arretrate campagne italiane all’avvento delle macchine agricole: «Prefetti e Sindaci,Vescovi e Parroci cominciarono a tuonare contro i rovinosi effètti prodotti nel tessuto sociale dalle macchine che fanno scemare il lavoro seminando ovunque squallore e miseria». La Storia ha poi dimostrato tutti i limiti di questa impostazione molto riduttiva che però ebbe un pesante effetto nel ritardare lo sviluppo della meccanizzazione del vecchio continente tanto dal punto di vista applicativo che industriale.Infatti mentre in Europa si perdeva tempo, l’agricoltura americana proseguiva il suo cammino verso mete sempre più ambiziose di produttività; il che stimolò indubbiamente l’industria americana nella messa a punto di una unità semovente di potenza, tale da azionare in modo efficiente una serie di attrezzature che una imponente industria, già allora con i connotati della Multinazionale, andava producendo, ma che trovavano nella trazione animale o nel motore a vapore un limite ormai strutturale.Non a caso il primo trattore agricolo che unanimamente viene considerato il prototipo J. I. CASE del 1892 montava un motore a scoppio su di un telaio derivato da un locomobile a vapore. Anche il Waterloo Froelich, sempre del 1892, o i più recenti International Karvester Mogul e Titan del 1910 sono sostanzialmente locomobili a vapore nella struttura ma dotati di un motore a scoppio che grazie alle prestazioni più brillanti e al minore rapporto peso/potenza, consentono di esercitare utili sforzi di trazione in terreno agricolo. Risulta quindi evidente che il trattore agricolo nasce nella sua prima fòrmulazione concettuale negli Stati Uniti d’America nell’ultimo decennio del secolo scorso. Ad aziende quali la J.I.Case di Racine Wisconsin, Allis & Chalmers di Milwakee Wisconsin, Deere & Company di Moline Illinois che nel 1918 assorbì la Waterloo Froelich, International Harvester di Chicago Illinois oggi assorbita dalla J.I. Case e alla Hart Parr Company poi assorbita dalla White Motor Company va attribuito l’indiscusso merito di aver sviluppato industrialmente l’idea del TRATTORE AGRICOLO. Tanto che il termine inglese «Tractor» poi tradotto nel tedesco traktor, nel francese tracteur e nell’italiano trattore, fu coniato ed usato per la prima volta nel 1905 in una campagna pubblicitaria ideata dall’allora Direttore Commerciale dell’Hart Parr, tale W. H. Williams. Dunque il trattore è nato negli Stati Uniti nel 1892 e per una quindicina d’anni gli sviluppi tecnici furono quasi esclusivamente americani. I primi trattori erano comunque macchine molto pesanti, poco maneggevoli di grande imponenza e che presentavano rapporti peso/potenza variabili tra 200 e 340 Kg/Kw (150-250 Kg/HP) owero circa sei/sette volte il rapporto oggi giudicato ottimale di circa 55 Kg/Kw (40 Kg/HP). Queste macchine ancora rudimentali trovarono la loro ideale applicazione nelle grandi pianure cerealicole del «Corn Belt» americano e non furono di facile applicazione alle diverse condizioni dell’Europa. Il successivo anello evolutivo della epopea del trattore vede come protagonista un personaggio eccezionale della storia economica del XX secolo: Henry Ford. Nato a Dearbon nel Michigan nel 1863 da famiglia contadina di origine irlandese, lanciò nel 1903 la sua prima automobile, che nel 1908 fu seguita dal famoso modello T che fu costruito fino al 1927 in ben 15,5 milioni di esemplari. L’incredibile successo della Ford modello T si basò su concetti tecnico-produttivi del tutto innovativi per l’epoca e su concetti di Marketing ante litteram dotati di un dirompente impatto rivoluzionario. Semplicità costruttiva, Standardizzazione (era possibile avere la macchina di tutti i colori di carrozzeria purché fosse nero... diceva Ford), Semplicità di uso e riparazione, affidabilità e soprattutto un prezzo accessibile alle masse di lavoratori furono gli elementi base di uno fra i più straordinari successi della Storia industriale.